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Commenti

  • Paola Biasin ha scritto Altro
    Essere genitori e non amarsi: difficile!... Domenica, 14 Giugno 2015
  • Emanuela ha scritto Altro
    Siamo messi male
    Oh come mi... Venerdì, 05 Dicembre 2014
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    Perchè stupirci?
    E' un problema quello... Domenica, 24 Novembre 2013
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    Neppure la giornata sui diritti... Sabato, 23 Novembre 2013
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    Dare voce
    Chi è Educatore ha espresso... Sabato, 23 Novembre 2013
  • Domenico ha scritto Altro
    Ragazze Invisibili
    Una brutta,... Mercoledì, 20 Novembre 2013
  • Michela ha scritto Altro
    Io penso...
    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

I ragazzi di oggi mostrano una facciata arrogante, ma dietro a questa apparente sfrontatezza, nascondono una realtà vulnerabile. Mostrano quindi spavalderia e sicurezza perché sono certi di essere stati amati, ma vivono trepidazioni ed ambasce poiché non sono certi che il mondo degli adulti li saprà amare, volere, accogliere. Vogliono essere accettati, ma tutto congiura per tenerli fuori dal mondo vero, quello dei grandi, quello di chi prende le decisioni.

Il loro futuro è infatti già ipotecato da un debito di circa duecentocinquantamila euro che sta giorno dopo giorno crescendo. E’ un conto in rosso contratto a loro nome dallo Stato per garantire la previdenza.
Il loro futuro poi li aspetta in un mondo produttivo dove il lavoro non dà certezze (vedi la continua precarietà) non offre appartenenze (l’essere occupato a termine non permette di sentirsi parte di un contesto) e che non dà spazio alle intelligenze più perspicaci (vedi la fuga dei cervelli all’estero).
Il loro futuro è anche occupato, spesso invaso, alle volte del tutto divorato, da una moltitudine di anziani che vogliono essere giovani (vedi i vari lifting e ritocchi al corpo), protagonisti infiniti (vedi l’età dei politici, dei docenti, dei dirigenti). I vecchi vogliono tenere le redini della vita decisionale e quindi non liberano degli spazi per le nuove generazioni.
Il loro futuro fa inoltre paura agli adulti che in questo “domani” li devono accompagnare. Per la prima volta nella nostra storia i genitori avvertono che il mondo che consegnano al loro figlio è peggiore, più inquietante, meno decifrabile, più insicuro di quello dove sono vissuti loro.
La conseguenza è che i ragazzi si rinchiudono in involucri narcisistici che li tengono lontani dal mondo adulto.
Sono infatti cresciuti guardati con grande ammirazione dai loro genitori. Ora se non si sentono ammirati, voluti, desiderati si spaventano. Infatti finché erano piccolini, bastava loro lo sguardo trasognato di mamma mentre facevano i primi passi o lo sguardo incantato di papà mentre trotterellavano per casa. Ma anche da più grandicelli avevano una vita sociale garantita dalla protezione familiare che li salvaguardava da sguardi minacciosi o da riprovazione inopportune. Se a scuola la maestra era ingiusta, la famiglia insorgeva a sua difesa. E l’invito ai compleanni dei compagni di classe era garantito dall’organizzazione di solerti mamme e intraprendenti papà.
Ora invece, il ragazzo è solo per il mondo. Ed è dal mondo che conta che vuole essere amato, considerato, accettato, richiesto. Ma questo lo respinge indignatosi se vuole entrarci e lo considera un mero consumatore di beni e giammai un produttore di risorse.
Allora l’adolescente si agghinda in modo da rendersi ben visibile, poiché vuole attirare lo sguardo dell’altro, del coetaneo, del suo gruppo di riferimento. Unico contesto che gli è concesso. Egli è destinato a stare tra i suoi pari e lì a dimorare a lungo, poiché il mondo adulto non gli dà le chiavi di accesso a nessun altro contesto, cioè non gli offre opportunità di stare dentro al mondo dei grandi, di chi lavora, di chi fa carriera, di chi può gestire la polis. Da questo caravan serraglio, l’adolescente guarda fuori annoiato e viene guardato ora con invidia ora con ammirazione. Qualche volta il giovane si accontenta di questo sguardo compiacente dell’adulto che parla di lui, ma non sta mai con lui. Qualche altra volta si ribella. Ed allora “rompe”. Rompe le aspettative familiari, scolastiche, relazionali. E se ancora nessuno si accorge della sua voglia di uscire dalla gabbia dorata dove ha tutto tranne il diritto di costruirsi la sua vita come vuole, alza il tiro. E quindi si inebetisce con sostanze varie, trasgredisce agendo una vita sessuale senza regole, si ribella facendosi o facendo del male al corpo.
Sembra pensare che è meglio uno sguardo riprovevole che l’assenza di un qualsiasi sguardo adulto che lo lanci nella vita.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.