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Commenti

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    Essere genitori e non amarsi: difficile!... Domenica, 14 Giugno 2015
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    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

Conoscere quali sono i meccanismi profondi e inconsci che portano un figlio a maturare una sua identità sessuale, aiuta a comprendere meglio cosa sta attraversando.


Osserviamo il cammino di un figlio maschio all’inizio dell’adolescenza. Il ragazzo si trova a lottare con il desiderio edipico di unirsi alla madre. E quindi diviene fondamentale la presenza fisica del padre che funge da barriera protettiva in quanto è lui che ha un legame esclusivo con la moglie.


Il ragazzo cerca allora la vicinanza con il padre. Ma questa intimità diventa minacciosa perché alimenta fantasie omosessuali. E il preadolescente si spaventa per l’attrazione che prova verso il genere maschile.
Sente allora il perentorio bisogno di differenziarsi con tutte le sue forze dal papà. E, anche se desidera seguirne i medesimi interessi, si trova costretto ad appassionarsi proprio a ciò che a papà non piace. Ed ancora anche se è attratto dagli studi già compiuti da papà, si trova costretto a cercare un’altra strada per la sua istruzione poiché non può proprio ripercorrere quella del genitore.


E il padre invece di rendersi conto di quanto affascini il figlio e, nello stesso tempo, lo spaventi con la sua attrattiva, liquida il tutto con un “sei un bastian contrario”.
Forse un po’ di comprensione su quanto sia oggi difficile per i ragazzi rinunciare al piacere di avere accanto questi nuovi padri affettuosi ed affascinanti andrebbe meglio evidenziata. Anche se ancora si incontrano padri latitanti che, lasciando libero il campo di battaglia, lasciano così i figli in balia della paura di essere troppo attratti dalla madri.
Alla fine, al ragazzo non rimane che allontanarsi da entrambi i genitori e rivolgersi ad altri figli maschi come lui.
Il gruppo dei compagni dello stesso sesso svolge allora una funzione che ripara il maschio sia dal desiderio sessuale verso la madre sia dal sottomettersi passivamente al padre.


Osserviamo adesso il cammino di una figlia femmina. La ragazza è spinta e verso il padre e cerca protezione avvicinandosi al genitore dello stesso sesso. Ma l’identificazione con il corpo materno è ben più complessa di quella che ha vissuto il suo coetaneo maschio.
Mentre per il figlio maschio l’identificazione con il padre passa per le espressioni del corpo quali la forza, il vigore e la rapidità, l’identificazione delle figlie femmine con la mamma comporta invece il paragone con il corpo stesso della madre.
La madre, con la sua femminilità, è una persona che la figlia invidia per la sua comprovata capacità generativa alla quale la ragazza non può ancora contrapporre la propria.
E si trova così a malignare sul corpo materno dal quale vuole a tutti i costi differenziarsi. La fanciulla critica direttamente la madre per la sua flaccida mollezza o per il suo ventre protuberante, o la ingiuria indirettamente per il suo abbigliamento e le sue scelte estetiche.
E i battibecchi tra madre e figlia sulla scelta dei vestiti, sulla scelta della pettinatura, sul trucco sì o no, sono proprio all’ordine del giorno.


Poiché oggi le donne dedicano una forte attenzione al fisco per mantenersi giovanili, attraenti, seducenti, le ragazze sviluppano una forte competizione estetica con la madre che le induce a controllare spasmodicamente il loro corpo.
Ed è da questo desiderio di controllo che prendono il via i sempre più frequenti disturbi alimentari delle preadolescenti.
Anoressia e bulimia, nelle loro pur diverse criticità sintomatica, sono dunque l’espressione proprio di questa paura di entrare in competizione con il corpo materno.


La necessità di proteggersi da questo confronto spinge allora la ragazza a prendere un amica del cuore come punto di riferimento.
L’amica dello stesso sesso serve dunque da ancoraggio per riversare su di lei i confronti, i paragoni, le invidie che non si possono affrontare direttamente con la mamma. Il soppiantare la madre è quindi reso tollerabile da questa presenza.
Le ragazze inoltre non esitano a dichiarare il proprio amore per l’amica che non è temuta come oggetto omossesuale poiché la tenerezza vince sulla minaccia di intrusione.
La minaccia omosessuale al femminile non trasmette perciò la stessa rappresentazione di violenza intrusiva che è insita in quella maschile.


E dopo questo breve, quanto intenso terremoto emotivo, i preadolescenti sono pronti ad amare con passione un ragazzo o una ragazza trovando nel partner la possibilità di vivere sentimenti affettivi intensi quanto soddisfacenti.

Paola Scalari e Francesco Bero

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.