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Commenti

  • Paola Biasin ha scritto Altro
    Essere genitori e non amarsi: difficile!... Domenica, 14 Giugno 2015
  • Emanuela ha scritto Altro
    Siamo messi male
    Oh come mi... Venerdì, 05 Dicembre 2014
  • Renata ha scritto Altro
    Perchè stupirci?
    E' un problema quello... Domenica, 24 Novembre 2013
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    Speranza
    Neppure la giornata sui diritti... Sabato, 23 Novembre 2013
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    Dare voce
    Chi è Educatore ha espresso... Sabato, 23 Novembre 2013
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    Ragazze Invisibili
    Una brutta,... Mercoledì, 20 Novembre 2013
  • Michela ha scritto Altro
    Io penso...
    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

Abbandonare gli splendidi genitori dell’infanzia riconoscendo i limiti di una madre e un padre che, nella realtà, sono persone "comuni" è uno dei compiti più complessi per un adolescente. Ogni ragazzo, per lasciare le protettive braccia di mamma e le sicure mani di papà, deve quindi individuare degli adulti che siano in grado di esercitare nella sua mente un particolare fascino.
Sappiamo che questo spostamento è un modo per proteggere vissuti libidici che rischiano di incistarsi in famiglia. Questo andare verso figure adulte affascinanti aiuta il ragazzo ad innamorarsi di persone non familiari.
Gli adolescenti sono quindi “programmati” per essere attratti dei loro professori.


Da sempre languide adolescenti hanno guardato con occhi dolci attempati professori che le incantavano con la loro parlantina e dinoccolati ragazzetti hanno guardato affascinati le gambe e il seno delle prof più avvenenti.
Nelle epoche passate, gli adulti che facilitavano il passaggio dal ventre familiare al mondo esterno, sono stati per antonomasia quei professori che potevano esibire i loro esclusivi saperi. Gli insegnanti detenevano la conoscenza e la naturale curiosità dell’adolescente faceva sì che individuasse nei professori coloro che erano in grado di accompagnarlo in questa scoperta.
Ed era una scoperta globale!
L’era di internet ha messo una seria ipoteca su questa esclusività e quindi, oggi, i docenti debbono avere anche qualcos’altro per attrarre i giovani. Nel terzo millennio, quindi, questo innamoramento, che mescola saperi ed ormoni, appare più complesso poiché i ragazzi dei nostri tempi non solo sono esigenti, ma anche sono maggiormente in grado di criticare gli adulti.
Una famiglia che ha dato il permesso di parlare alla pari, delle maestre che si sono fatte dare confidenzialmente del tu, degli allenatori sportivi che sono posti come fratelli maggiori, hanno dunque aperto la strada ad un rapporto più complicato tra gli adolescenti e i loro insegnanti.
Qualcuno, banalmente, dice che i ragazzi non sono più attenti e sono più maleducati.
Qualcun altro, più acutamente, nota che i professori non sono più preparati come un tempo e sembrano dover fare i conti con dei loro percorsi scolastici troppo lacunosi, fragili, incompleti.
Tutti i docenti che vogliono per davvero fare questo mestiere accusano la mancanza di una preparazione psicologica adeguata alla vivacità ed intelligenza dei giovani di oggi.
Tutti i ragazzi, di sicuro, vogliono invece che i loro docenti siano degli adulti competenti.
Lo debbono essere innanzitutto nella loro disciplina specifica. Devono infatti possederla ed amarla per poter trasmettere non solo delle nozioni corrette e approfondite, ma anche il senso che nella vita ha acquisire quello specifico sapere. E questo lo possono donare ai loro alunni come un surplus gratuito solo se veramente lo hanno trovato dentro alla materia che insegnano. Pertanto architetti frustrati che insegnano geometria non riescono a trasmettere che noia, laureati in lingue antiche che fanno compitare si annoiano, aspiranti geologi che propongono verifiche sui confini delle regioni lavorano con il minimo di dispendio energetico…
E questo mancato legame con un sapere forte facilmente i docenti lo fanno transitare anche verso un blando legame con i loro alunni.
Adolescenti pieni di energia e vitalità si scontrano perciò con docenti demotivati, depressi e sfiduciati.
I ragazzi criticano senza mezze misure questi adulti poco forniti di adultità.
Ne analizzano con ironia le manie, ne sottolineano con rabbia le incapacità umane, ne avvertono con dolore la pochezza umana, ne pagano l’inconsistenza, ne sopportano con dolore l’ingiustizia. Di conseguenza si ribellano, stanno poco attenti, divengono indisciplinati. Non imparano.
Per fortuna ci sono le eccezioni.
Scopriamo dunque anche docenti autorevoli nella loro materia poiché la padroneggiano senza ricorrere a banali schede, a pedisseque letture e a spiegazioni monotone troppe volte contraddistinte anche da nozioni sbagliate.
I docenti che sanno invece raccontare, tabulare, narrare i loro saperi nella scuola divengono ben presto un mito.
La competenza nella materia scolastica sottende sempre una particolare competenza umana a dialogare, ricercare, interrogare il mondo, guardare al di là delle apparenze, essere curiosi e studiosi. E la sete di sapienza diventa la via regia per poter fronteggiare allievi che stanno attraversando l’età incerta.
I ragazzi non vogliono dei docenti amici che scendono dalla cattedra, ma dei cattedratici da poter assumere come esempio di vita. Veri testimoni di come si fa a divenire dei vincenti senza avere come unico dio il danaro, il successo, il potere. Vincenti perché sapienti è fuori moda, ma sta proprio ai docenti crederci e farlo divenire di moda tra i giovani!

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.