La storia
I genitori di Leonardo, un bimbo di due anni e mezzo, continuano a definirsi sfortunati perché hanno un figlio che quando è con loro ha l'argento vivo in corpo e chiacchiera, chiede, pretende, si muove in continuazione tanto che si trovano spesso costretti a zittirlo ed a fermarlo, quando invece deve interagire o con un altro bambino oppure con i nonni, i cuginetti e gli zii, od ancora peggio con degli estranei, si blocca, ammutolisce ed è capace di starsene immobile e silenzioso per ore ed ore incollato alla gonna della mamma o ai pantaloni del papà che gli rifiutano la mano nel tentativo di tenerlo un po' staccato da loro.
Madre e padre continuano a lamentarsi: "Come non sentirsi sfortunati quando si ha un figlio refrattario ad ogni sollecitazione? Non è forse scalogna nera quella di mettere al mondo un figlio che non saluta, che non risponde alle domande che gli vengono rivolte, che non prende il giocattolo o il dolce che gli viene offerto, che non si lascia accarezzare da nessuno al di fuori dei genitori, che urla come un pazzo se qualcuno cerca di prenderlo in braccio, che sa giocare solamente se è da solo con la madre o col padre?"
Ma entriamo un po' dentro alla storia di questa famiglia per conoscerla più da vicino.
E' Domenica. La nonna, per il suo compleanno, ha invitato nella sua grande casa di campagna tutti i figli con le rispettive famiglie. C'è tanta confusione, ma c'è anche tanta allegria. Si mangia, si ride, si scherza si gioca e si ricordano storie passate.....
Leonardo, il più piccolo dei nipoti, è al centro dell'attenzione di tutti, ma, imperterrito, resta appiccicato alla madre e non si lascia coinvolgere dal clima festoso.
Uno zio, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, cerca di interessarlo con l'allettante offerta di un maxi albo dei Pokemon e, di fronte all'impassibilità e all'insensibilità del nipotino, commenta ad alta voce: "Ma sei fatto di marmo?". Camilla, una bimba di cinque anni, vuole verificare se il cuginetto è veramente di marmo, gli si avvicina furtivamente e lo pizzica su una guancia lasciandogli un livido rosso. Leonardo non fa una piega e la bambina, meravigliata, esclama: "Ma non sente niente?".
La nonna ha visto tutto. E' preoccupata e vuole accertarsi direttamente della situazione. Invita Leonardo in giardino a vedere la capretta nana che sta brucando l'erba. Il nipotino affonda il viso sulla gonna della madre ignorando la proposta. La vecchia signora non si arrende ed allarga l'invito anche alla nuora che, trascinandosi dietro il bimbo, riesce ad arrivare in giardino, ad avvicinarsi alla capretta, a prenderla in braccio, ad accarezzarla e a proporla al figlio che però non si lascia blandire perché lì vicino c'è sempre la nonna e Camilla che lo stanno osservando.
"Ha paura proprio di tutto!" è la constatazione con la quale la suocera cerca di sollecitare la nuora ad interrogarsi sulla freddezza e sul disinteresse del bambino. "Siamo davvero sfortunati ad avere un figlio così!" è invece il commento della madre.
La nonna però non si arrende. Chiama il figlio maggiore e dopo avergli raccontato i comportamenti di Leonardo, lo invita ad aiutare il fratello e la cognata.
"La freddezza, il mutismo e l'immobilità del bambino, la sua mancanza di reazione al dolore, la sua chiusura emotiva ed affettiva agli altri, il restare separato e serrato dentro un mondo tutto suo fino a che gli altri non se ne sono andati, -suggerisce alla cognata ed al fratello che nel frattempo era stato chiamato dalla madre- mi sembrano segnali da non prendere alla leggera. Conosco una psicologa infantile molto brava. Volete che vi prenoti un incontro?"
"Contro la sfortuna, -è la loro risposta- non c'è niente da fare! Dobbiamo tenercelo così com'è e sperare che crescendo migliori" e, mentre se ne vanno dal giardino, incespicano su Leonardo, che si era appiccicato ad entrambi, gli pestano un piede e lo fanno piangere per il dolore. All'unisono gli gridano: "Vedi cosa ti succede a starci sempre addosso! Se ti tenessi un po' alla larga non ti avremmo fatto male!"
"A proposito di starci addosso -continua la moglie dopo aver calmato il figlio- non ti sembra che i tuoi parenti si impiccino troppo degli affari nostri? Credono di sapere tutto loro!"
"Hai ragione -le risponde il marito- Cercheremo di stare per conto nostro, di tenerli lontani, di frequentarli il meno possibile! Lo abbiamo già fatto con i tuoi genitori e con tua sorella che ci abitano accanto, ci sarà quindi più facile farlo con mia madre ed i miei fratelli che abitano invece distante da noi!"
"Non capisco proprio che gusto ci provino a farci star male! -conclude la donna-. Quella di tenerli alla larga è l'unica possibilità che abbiamo di salvarci da questi sapientoni. Trova una scusa che ce ne andiamo subito!"
E Leonardo, dopo sei ore di silenzio, finalmente parla: "Che bello! Torniamo a casa nostra!"
L'indagine
Madri e padri, osservando certi strani comportamenti ed atteggiamenti che il figlio mette in atto per evitare questa o quella situazione, possono scoprire che il loro bimbo vive delle paure incomprensibili ed ingiustificabili. Questo modo di comportarsi e di atteggiarsi del figlio è ben diverso dalla condotta che i genitori si aspettano da lui, ma è soprattutto lontano dal comportamento che parenti, amici e conoscenti ritengono il più adeguato per un bimbo della sua età. A questo punto i genitori, visto che il problema è uscito dalle mura domestiche e che non possono più negarlo o fingere che non sia importante, si trovano costretti ad affrontarlo.
La loro naturale preoccupazione li pone di fronte ad un bivio dove una indicazione li indirizza verso un atteggiamento paralizzante che non conduce a nessuna trasformazione, mentre l'altra li avvia invece verso una ricerca che porta a sbloccare l'impasse nella quale la paura del figlio li ha fatti precipitare.
Se imboccano la prima strada si trovano ben presto in un vicolo cieco poichè, una volta affermato che il figlio è fatto così, non sanno più che fare. Addebitare infatti gli strani atteggiamenti e comportamenti del loro bimbo alla fatalità, alla sfortuna o al carattere non introduce nessuna possibilità di modificazione. Tutto rimane fermo.
Se invece s'inoltrano nella seconda strada, un po' più impervia e faticosa, possono aiutarsi reciprocamente a percorrerla, possono cioè interrogarsi sul clima familiare nel quale il figlio sta crescendo e quanto essi stessi contribuiscano a determinare uno stato di apprensione che il bambino sta facendo suo.
Il passaggio da un rassicurante -passerà- ad un più inquietante -cosa sta succedendo?- deve essere compiuto quando lo stato di tensione del figlio non appare come un evento episodico e momentaneo bensì come un atteggiamento continuo e ripetuto.
Non si tratta allora di darsi colpe, poiché anche queste non conducono mai da nessuna parte, ma di assumersi la responsabilità di esplorare gli intrecci emotivi con il figlio. Una madre apprensiva, che vive il mondo come un qualcosa di pericoloso, può trasmettere al figlio, quasi sempre involontariamente, il suo timore che non ce la farà ad affrontarlo.
Un padre che si sente minacciato dal giudizio altrui può contagiare il bimbo e, magari senza volerlo, trasmettergli il suo senso di angoscia per quanto può giungergli dagli altri.
Sono questi madri e padri che, vivendo il mondo esterno come cattivo, inadeguato, malevolo possono condurre il figlio a farsi carico del loro desiderio di evitare gli altri per non dover sentire le sensazioni spiacevoli che possono procurare loro.
Sono allora i sentimenti, le posizioni mentali e le convinzioni che il bambino ha assorbito da mamma e papà i vissuti che vanno indagati per comprendere se il figlio non solo si sia fatto carico di -evidenziare- ciò che i genitori stessi temono, ma ancor più per osservare se il piccino, a causa della sua precaria capacità di comprensione, abbia caricato di ulteriori e ancor più terrorizzanti significati parole, vocii e vissuti espressi da mamma e papà.
La scoperta
Madre e padre disposti ad interrogarsi sulle paure del figlio scoprono ben presto che a poco vale cercare di correggere il comportamento terrorizzato del bambino con rimproveri o sollecitazioni. La paura infatti, per il piccolo, diventa una barriera invalicabile e nulla e nessuno può convincerlo a superarla. Forzare, minacciare o far impattare violentemente il bimbo con ciò che egli teme portano solo ad aumentare il suo terrore. Quando invece mamma e papà si mettono alla ricerca del significato che la paura del figlio sta evidenziando possono scoprire quanto delle loro paure gli abbiano trasmesso. Si troveranno così non più impegnati a correggere e rieducare il bambino, bensì a modificare e cambiare se stessi.
E' uno spostamento che dapprima comporta per i genitori il rifiuto di considerare colpevole il figlio e che poi li conduce a considerare se stessi come i soggetti da mettere in discussione.
Spostare l'oggetto del problema diviene dunque un segnale di grande coraggio.
E' infatti un atto altamente temerario e spesso terribilmente doloroso quello che i genitori compiono quando decidono di smettere di depositare le colpe sugli altri, a cominciare dal figlio per finire poi a tutti coloro che lo circondano, per assumersi invece la loro parte di responsabilità.
Ma è anche un atto altamente decisivo quello che il genitori compiono quando, proprio perchè non hanno più bisogno di depositare i loro vissuti dentro al figlio, lo portano a non dover più esprimere con le sue paure quello che essi stessi stanno vivendo.
Il suggerimento
Di fronte ad un figlio terrorizzato i genitori non possono fare nient'altro che iniziare a chiedersi: "quanto fastidio ci arreca questo comportamento pauroso del nostro bimbo?", "e non è a causa di questo fastidio che gli trasmettiamo il nostro rifiuto per quello che sta provando?" per arrivare a comprendere che un bambino che si sente rifiutato si vive sempre in pericolo.
Di fronte ad un figlio pauroso madre e padre possono poi domandarsi: "facciamo attenzione a quanto gli altri ci suggeriscono", "siamo o non siamo in grado di ascoltare, cioè di tenere in considerazione, valutare e recepire, il discorso altrui?" per arrivare a comprendere che un bambino che si sente inascoltato si vive sempre in difficoltà.
Di fronte ad un figlio spaventato i genitori possono infine dar parola alle loro stesse paure chiedendosi: "nella nostra storia personale ci sono dei nodi problematici, dei traumi, degli eventi, dei vissuti che involontariamente abbiamo trasmesso al figlio?", "siamo disponibili ad ascoltarci reciprocamente ed aiutarci a dissipare il buio che circondava questi eventi?" per arrivare a comprendere che un figlio, se sostenuto da un padre ed una madre che hanno fatto chiaro dentro se stessi, può avventurarsi fiducioso verso la vita.
In collaborazione con Francesco Berto