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Commenti

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Radici dell’educare/1

Ciao Maestro

Educare all’incontro

bricola

 

Educare significa

far posto all’altro

per conoscerlo

nella sua originalità.

(Francesco Berto e Scalari Paola)

Francesco (Franco) se n’è andato.

Ti, ci ha lasciato, ma ci ha lasciato tanto

in tutto quello che ha proposto e costruito

con tutti quelli che ha incontrato,

grazie anche a te.

(Franca Olivetti Manoukian,

lettera di condoglianze)

 

Viviamo un tempo inedito. Siamo precipitati dentro una pandemia. La preoccupazione sanitaria oscura la necessità di stare insieme. La tenuta del senso dei legami è minacciata dal distanziamento fisico. La relazione solidale è messa a rischio.

(...)
Nuove condizioni segnano dunque la vita della collettività. Il bisogno educativo rimane, però, uguale a sempre, se non che ora è divenuto ancora più cruciale.
La comunità sociale, infatti, stava già perdendo il valore dei legami tra le generazioni e tra gli adulti che le educavano poiché cercava scorciatoie alla costruzione identitaria, applicava ricet- te, esigeva risultati in tempi brevi e replicava tecniche precostituite.

Vivevamo in un tempo che stava distruggendo la tensione relazionale necessaria a incontrarsi, capirsi, rispettarsi. Tanto quanto la pandemia ha reso palese questa deriva, ora potremmo approfittare della crisi per dare avvio a un processo innovativo.

Ogni rottura, infatti, porta con sé il dolore della perdita, ma anche la speranza di un rinnovamento. Il confinamento prima e le norme di protezione sanitaria dopo, hanno quindi fatto esplodere un atteggiamento anti-educativo che già circolava indisturbato, ma hanno anche fatto emergere generosità prima invisibili, potenzialità poco valorizzate e necessità di Maestri con i quali dialogare per costruire un futuro a misura di bambino.

Se vogliamo mettere in salvo l’idea di formazione si rende necessario tornare ai fondamentali della relazione per diffondere modelli di lavoro capaci di costruirla, farne manutenzione, darle voce. È dunque indifferibile approfondire come costruire dei rapporti con grandi e piccoli per aiutarli a imparare, crescere e maturare. E non solo singolarmente, ma collettivamente.

È urgente pertanto incrementare sia un reticolato affettivo che contenga umanamente sia una interconnessione intellettiva capace di pensare tollerando il dubbio e l’incertezza. In questo clima sociale, segnato dall’esponenziale presa di coscienza della fragilità dei corpi e della mortalità degli esseri viventi, intrecciare le plurime vulnerabilità è l’unico modo per formare strutture vincolari resistenti agli urti, capaci cioè di contrastare il frantumarsi di quella illusoria sicurezza che generava tracotanza e prepotenza.

Famiglia, scuola, agenzie del tempo libero, servizi, erano ormai perennemente ingaggiati in una guerri- glia narcisistica dove il bambino era la vittima designata. Bambino conteso o condiviso, così come intitola Francesco Berto un suo saggio pubblicato in A scuola con le emozioni rappresenta, assieme alla sua Lettera a un insegnante uscita nello stesso volume, il manifesto a cui ispirarsi per lottare in difesa dei minori.

Ed è a lui che voglio dedicare queste mie riflessioni affinché rimangano in circolo i suoi semplici quanto importanti insegnamenti, la sua caparbia ricerca di stare dalla parte dei piccoli, la sua forza visionaria ca- pace di andare oltre ogni stereotipo. Era un uomo che praticava la pace non pacifica al fine di rivoluzionare l’educazione attraverso un agire silenzioso e un pensare solitario. Sperava soprattutto che i docenti cambiassero atteggia- mento. E per questo obiettivo si è battuto fino alla morte.

Ora è evidente che se gli adulti sono assorbiti dal lottare tra di loro finisce che nessuno si occupa di chi è piccolo. Il vociare conflittuale dei grandi sovrasta, sotterra e sminuisce chi è infans, cioè senza parola. Sono dunque ancora troppi i bambini invisibili che, privati di un educatore che li accompagni nella strada della crescita evolutiva, rimangono abbandonati al loro destino.

(...)

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.