Intervista a cura di Laura d'Orsi.
Il mio Luca, due anni, non riesce a intrattenersi da solo. Mi chiama continuamente, dice che si annoia e vuole giocare con me. Ma non posso essere sempre a disposizione e poi so di altri bambini che se la passano anche da soli... perché lui no? La noia è un sentimento che i piccoli fanno fatica a sopportare, sin da quando hanno pochi mesi di vita. L’attesa del biberon, della mamma, di un momento di gioco possono diventare per loro molto frustranti. E i genitori, nella speranza di alleviare questo disagio, intervengono in mille modi. Ma a volte agire tempestivamente può peggiorare le cose. Ecco i consigli per affrontare al meglio questa emozione.
Dottoressa Scalari, perché alcuni bambini si annoiano più di altri?
Se un bambino si annoia ed è spesso lamentoso, è probabile che il problema risalga alla sua prima infanzia. Mamma e papà si sentono impotenti di fronte ai lamenti del neonato e pensano di poterlo calmare “facendo” qualcosa. Ma se la risposta a un normale disagio del bambino è sempre un’azione, lui imparerà che solo l’attività può farlo stare meglio. E così, quando sarà più grandicello, avrà bisogno di essere continuamente stimolato dall’esterno con giochi e situazioni sempre diversi. Quando si riempie immediatamente un vuoto, non si dà il tempo al bambino di provare a rimanere solo con se stesso e di capire che cosa desidera veramente.
La noia può essere un'emozione positiva?
Sì, perché insegna ai bambini a consolarsi e farsi compagnia da soli magari succhiandosi il pollice quando sono molti piccoli, o inventandosi un gioco o una storia da raccontarsi se hanno già due o tre anni. Ecco perché si dice che la noia è il motore della creatività. Il vuoto spinge il bambino a inventarsi qualcosa per riempirlo, a usare la fantasia per trovare una soluzione.
Come si può insegnare al piccolo a superare la noia?
Prevedendo dei “tempi morti” nelle giornate di un bambino, interrompendo i ritmi incalzanti a cui spesso è sottoposto. Già quando il piccolo riesce a maneggiare i primi giocattoli, a pochi mesi, si può provare a lasciarlo solo nella sua cameretta, naturalmente tenendolo d’occhio. E se dopo un po’ piange, intervenire non con delle azioni ma con delle semplici parole affettuose: “Cosa succede? Stai tranquillo, la mamma è qui”. Così si trasmette serenità al bimbo e gli si comunica che un piccolo disagio, come il sentirsi annoiati, è una cosa che si può sopportare. E un po’ alla volta, troverà da sé il modo di superarlo.
E con i più grandicelli?
Se il bimbo è un po’ più grande, va aiutato a trovare da solo nuovi stimoli. Gli si può dire ad esempio: “fai un disegno (o leggi una fiaba o prova a fare un castello con le costruzioni). Ma senza insistere troppo. Gradualmente, lasciandolo nella sua stanza, dandogli solamente qualche piccolo suggerimento, imparerà a giocare da solo. Spesso però la paura di rimanere senza far niente appartiene ai genitori e si riflette di conseguenza sui figli. Evitare di trasferire i propri sentimenti sui bambini è opportuno per far sì che imparino a sopportare “il vuoto”.
Se il bambino si lamenta cosa è meglio dirgli?
Non sgridarlo perché non sa cosa fare. Meglio proporre qualcosa con molta tranquillità senza badare troppo ai suoi rifiuti (“questo non mi piace”), che sono il più delle volte un modo per attirare l’attenzione. Evitare di fare ramanzine del tipo “io ai tuoi tempi non avevo tutti i tuoi giochi, però mi divertivo”. Il piccolo non capirebbe, in fondo non è colpa sua se ha tanti, troppi stimoli. Talvolta è proprio l’eccesso di alternative che frastorna i bambini. Invece di mostrarsi seccati, organizzare meglio con lui la cameretta, rispolverando giochi che non usava più da tempo eliminando i doppioni. Come sempre è l'atteggiamento sereno e sicuro del genitore che lo aiuterà a trovare una risposta ai suoi disagi.
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