A cura di Laura d'Orsi, giornalista.
La cronaca riporta spesso episodi di studenti che reagiscono nei confronti dei loro insegnanti, “colpevoli” di averli rimproverati. Ma quello che è successo qualche giorno fa in un istituto professionale di Rovigo, merita una riflessione più profonda. Perché il ragazzino, iscritto alla classe prima, non si è limitato a rispondere, ma è passato ai fatti, picchiando la sua professoressa dopo aver ricevuto una nota. Un episodio di violenza vera e propria, che ha portato l'insegnante al Pronto Soccorso e ha lasciato compagni e insegnanti sotto choc.
Dottoressa Scalari, si legge sempre più spesso di ragazzi che a scuola perdono il controllo. Che significato può avere questo?
Quando si oltrepassano certi limiti, non può essere più solo un problema di educazione. Se un ragazzo arriva ad alzare le mani contro il proprio insegnante, significa che non sa gestire la sua aggressività, segue l'istinto senza pensare alle conseguenze. E questo è grave, perché uno studente scolarizzato da almeno otto anni dovrebbe aver appreso senza difficoltà come ci si comporta in classe. Anche se avesse ricevuto un'educazione carente da parte dei genitori, una reazione del genere sarebbe difficile da spiegare. Pensando a quanto è accaduto a Rovigo, così come ad altri episodi simili, dobbiamo sempre chiederci se dietro non vi sia l'utilizzo di sostanze stupefacenti.
Cosa le fa credere che possa trattarsi di questo?
Perché certe sostanze chimiche agiscono aumentando la disinibizione. E ciò che non si farebbe mai perché sotto controllo della ragione, diventa improvvisamente fattibile. Si passa dal pensato all'agito, senza porsi limiti. Questo spiegherebbe anche il fatto che spesso si tratta di ragazzi che non hanno mai dato prima segnali di particolare aggressività e con il loro gesto lasciano sbalorditi tutti, in primo luogo i genitori.
E se non si trattasse di questo quale altra causa si può ipotizzare?
Un comportamento simile si può spiegare altrimenti con un forte disagio psichico, che deve essere valutato e seguito da specialisti. Un ragazzino che prende a pugni la sua insegnante non è un ragazzino violento, è malato. E come tale deve essere curato.
Quando accadono episodi del genere la scuola come dovrebbe comportarsi?
Non c'è dubbio: un fatto del genere va punito con severità Ma non sono d'accordo sulla misura presa dall'istituto rodigino, cioè la sospensione del ragazzo fino a fine anno scolastico. Pare sia stata una decisione difficile, sulla quale non tutti i componenti del consiglio di istituto erano d'accordo, ma alla fine così è stato stabilito. Ma l'esclusione da un ambiente educativo, qual è la scuola, non può essere una risposta corretta. Si è preferito allontanare il problema, declinare ogni responsabilità. Così facendo il ragazzo è ancora più a rischio. Cosa farà fuori? Siamo certi che verrà seguito come si deve?
Quale soluzione alternativa poteva mettere in atto la scuola?
Doveva pensare a un progetto di recupero, eventualmente in concerto con le realtà sociali del territorio. Per esempio, facendo in modo che il ragazzo fosse impegnato, obbligatoriamente, in qualcosa di concreto: pulire il giardino dell'istituto, dedicarsi al volontariato, seguire un corso di teatro, sempre con il controllo di un educatore. Solo così si poteva tenere sotto controllo la situazione e allo stesso tempo costruire un'azione educativa, investendo sul futuro del ragazzo. Non dimentichiamo che si tratta di un minore e, per la legge italiana, ha il diritto di essere aiutato a crescere.
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