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A cura di Laura d'Orsi, giornalista.

Genitori che perdono il lavoro, tenore di vita che si abbassa, bombardamento di notizie negative sulla crisi che sta attraversando il nostro Paese. Un'ondata di sfiducia si sta abbattendo sulle nostre famiglie e sui nostri figli. Reagire è difficile, per qualcuno impossibile. Di fronte a questo scenario inquietante, i ragazzi possono sentirsi smarriti, incapaci di trovare risposte, preoccupati per la sorte della loro famiglia. Per questo è importante parlare con loro di come affrontare la crisi, senza negarla, ma senza mai togliere la speranza.

Dottoressa Scalari, come possiamo spiegare ai nostri figli questo particolare momento?

Facendo comprendere loro, senza allarmismi, che la crisi ci riguarda tutti. Non solo chi si sta impoverendo o ha perso il lavoro, ma anche chi ha, per il momento, conservato il suo benessere. Si è rotto un equilibrio e, in quella che si può definire un'ecologia delle distribuzione delle risorse, il malessere dell'uno diventa di conseguenza anche dell'altro. Inutile pensare egoisticamente di salvarsi: non siamo isole, siamo tutti connessi all'interno di un sistema che è imploso. Tutti dobbiamo rimetterci in gioco.

 

Il che modo?

La crisi, per quanto pesante e distruttiva, non è solo perdita ma anche opportunità. Abbiamo la possibilità di rivedere i nostri valori e pensare a un modo diverso di realizzare noi stessi, non più in senso individualistico, ma con gli altri.

 

Cosa significa?

La risposta alla crisi non può essere quella di ciascuno di noi inteso come singolo, ma dovrà nascere dalle relazioni fruttuose che riusciremo a creare. Tutti dipendiamo da tutti e la parola chiave è "insieme". Non c'è soluzione al di fuori di questa logica. Ci eravamo persi nella nostra individualità, l'antidoto ora è nella vicinanza agli altri.

 

In che modo concreto si può sostenere la prossimità?

Già cominciano a vedersi dei micro modelli che si stanno sviluppando in questa direzione. Basti pensare ai gruppi di acquisto solidale, alle badanti di condominio, alle associazioni di genitori e famiglie che reciprocamente si danno una mano nelle varie mansioni quotidiane. Si tratta di esempi ancora sparuti ma che dovranno diventare sistema. Unire le proprie competenze, spartirsi i compiti, trovare un nuovo modo di consumare, gestire le risorse con più intelligenza e trovare risposte creative: credo che la strada per uscire dalla crisi sia solo questa. Il messaggio che i passa ai figli è che da soli non si va da nessuna parte, mentre con la solidarietà e la collaborazione reciproca si possono fare grandi cose.

 

Quando però il problema tocca da molto vicino, per esempio se un padre perde il lavoro, come si può trovare la forza di reagire?

La depressione è una reazione normale ma è pur sempre una forma di aggressività verso il mondo e se stessi. Quando si è arrabbiati, è difficile mettere in moto la creatività e in più ci si isola. Il contrario di quello che potrebbe aiutare. Il primo passo è invece rivolgersi all'esterno, unirsi ad altre persone nella stessa situazione, bussare alla porta dei servizi che possono fornire spazi e consulenza e provare, insieme, a costruire qualcosa di nuovo, per esempio piccole cooperative di servizi. In ogni caso, avere una motivazione per alzarsi la mattina e rimettere in moto le energie è fondamentale per trovare prima o poi una via d'uscita.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.