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A cura di Laura d'Orsi, giornalista.

Per comprarsi la maglietta alla moda. Per andare nei locali senza chiedere una mancetta extra. Per togliersi qualche sfizio in più. Si prostituivano per questo Aurora, Azzurra Giulia e Mary, le ragazzine minorenni di Roma e Ventimiglia. E per lo stesso motivo si vendono le altre baby squillo ancora nell'ombra. Perché, come stanno rivelando le indagini della Polizia su clienti e sfruttatori, il giro è molto più vasto. E in molti casi, destinato a rimanere sommerso.

Dottoressa Scalari, siamo di fronte un nuovo allarme sociale?

Sì. E' un fenomeno che non riguarda solo i casi eclatanti di cronaca. Si sente sempre più spesso di adolescenti disposte a vendersi per pochi euro al compagno di classe, magari nei bagni della scuola, per "arrotondare". E ciò che inquieta di più in tutto questo, al di là del gesto di prostituirsi, è il motivo che porta queste bambine, o poco più, a farlo: l'acquisto di oggetti per sentirsi alla moda, belle, considerate. E' come se loro stesse valessero meno di una borsetta, di un paio di scarpe, di un abito. A loro non è stato insegnato che il corpo ha un valore sacro e non va mercificato ma ascoltato, rispettato.

Non meno inquietante però è la richiesta da parte di uomini che potrebbero essere come minimo i loro padri...

Non c'è dubbio che la sessualità di queste persone sia molto povera, priva di quella componente erotica che è lo scambio, il dialogo tra due persone alla pari. Questi uomini per eccitarsi hanno bisogno di un corpo giovane, fresco da possedere. E questo fa pensare a un'angoscia profonda: quella di essere impotenti, che si alimenta quando bisogna dimostrare qualcosa. Ma avendo di fronte una ragazzina, l'ansia scompare perché a lei, sconosciuta e poco esperta, non occorre dimostrare nulla.

Ciò che stupisce è che i clienti siano spesso uomini di potere, manager, persone con una certa posizione sociale...

Invece spesso dietro queste figure si nasconde una grande fragilità. Proprio perché nel loro lavoro devono dimostrare di essere forti e potenti, di valere molto, nella sfera sessuale allontanano la paura di non valere scegliendo chi è più debole, chi non li può giudicare.

Ma come può una ragazzina arrivare a prostituirsi? Quali carenze educative e affettive ha subito?

Indubbiamente siamo di fronte a enorme un vuoto di valori, a gravi lacune nell'accudimento da parte dei genitori. Spesso si osserva un padre assente, incapace di dare delle regole e di essere un reale punto di riferimento, e una madre repressa che spinge la figlia ad essere la più bella, la meglio vestita, la più ammirata perché non può essere da meno. Una figura materna che non sa proteggere, ma che diventa complice, alla fine, di questa compravendita. Le baby prostitute sono vittime di una povertà emotiva e relazionale senza pari. Invece, laddove ci sono principi e valori, le bramosie e i desideri vengono tenuti a bada.

E' possibile che i genitori non si accorgano di nulla?

No. Una madre non può non accorgersi di quello che sta facendo la propria figlia. Ma preferisce far finta di non vedere, perché per lei è meglio avere una figlia ammirata, che gratifica il suo narcisismo. Purtroppo, però, il prezzo da pagare sarà altissimo: queste ragazzine usciranno devastate da una tale esperienza.

Cosa si può fare per ristabilire la giusta priorità nei valori?

Un ruolo fondamentale, oltre ai genitori, ce l'hanno tutti gli educatori, insegnanti in primis, che dovrebbero essere accorti verso ogni segnale di disagio. Non posso credere che queste ragazzine a scuola non avessero problemi e fosse tutto a posto. Poi ci sono i servizi sociali, i progetti educativi, le associazioni sul territorio: purtroppo oggi sempre più ridotti, eppure sono una risorsa preziosa per trasmettere una cultura delle relazioni e i principi di rispetto, innanzitutto vero se stessi, e poi verso gli altri. Anche i mass media hanno la loro responsabilità. La notizia ha occupato per tanti giorni le pagine dei giornali, è stata commentata sottolineando soprattutto l'aspetto scandalistico, senza contare l'effetto che questa eco continua può aver avuto sulle ragazzine coinvolte. Dobbiamo tornare sui nostri passi, occuparci di alfabetizzazione affettiva. A cominciare dai più giovani, che bisogna imparare a proteggere davvero.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.