A cura di Laura d'Orsi, giornalista.
I nostri ragazzi, secondo un recente rapporto Ocse, sono quelli che, nel mondo, trascorrono più tempo sui libri per fare i compiti. Nove ore settimanali contro una media di cinque degli altri Paesi. E non è che questo garantisca un rendimento migliore, anzi. Adesso poi che iniziano le vacanze di Natale, per molte famiglie inizia il tormentone compiti. Sovraccarichi di lezioni per casa, per tanti ragazzi e i loro genitori questo periodo, che dovrebbe essere dedicato al riposo, diventa motivo di tensioni e stress.
Dottoressa Scalari, ma i compiti per casa servono ancora? In molti ne chiedono addirittura l'abolizione...
Sì, sono utili, ma non certo per come sono pensati oggi. I compiti a casa dovrebbero servire a stimolare l'autonomia dei ragazzi, la capacità di organizzare il proprio tempo. Devono essere un rafforzativo e un ripasso dell'insegnamento, la verifica di quello che si è appreso, invece in molti casi non è così.
Cosa rappresentano invece?
Sono sempre di più dei sostitutivi dell'insegnamento, una "supplenza" del lavoro che dovrebbe essere fatto in classe e che, per vari motivi, non viene svolto. Questo ha conseguenze molto pesanti. Innanzitutto il tempo per coltivare altri interessi si riduce; durante le vacanze viene sottratto spazio agli impegni familiari, alla possibilità di stare insieme, dedicandosi ad attività che durante il resto dell'anno non si ha la possibilità di fare. Inoltre, in moltissimi casi, i compiti diventano un motivo di dipendenza dai genitori, non di autonomia.
In che senso?
I compiti, quando servono a riempire le lacune dell'insegnamento, sono tanti e difficili perché introducono concetti nuovi o spiegati frettolosamente in classe. Talvolta sono imprecisi e contengono dati sbagliati. Tutto questo costringe i ragazzi a chiedere aiuto ai genitori che, se sono in grado di farlo, passano le ore sui libri insieme ai figli per spiegare loro gli argomenti che non capiscono. In molti casi, invece, si ricorre alle ripetizioni private, un vero e proprio business ormai. Così dalla scuola dell'autonomia si è passati a quella della dipendenza.
Perché succede tutto questo?
La scuola ha tempo abdicato al suo ruolo formativo ed educativo. Gli insegnanti sono sempre più demotivati, hanno perso il loro ruolo sociale, non hanno più quella autorevolezza di cui godevano una volta. Si trovano di fronte a genitori e studenti che li mettono in discussione, che li criticano certamente con più competenza rispetto alle generazioni passate. E quello che non riescono a trasmettere con il loro insegnamento, lo "scaricano"sulle famiglie, che devono arrangiarsi. In realtà ognuno dovrebbe avere il proprio ruolo: è deleterio che un genitore si metta a fare lezione al proprio figlio. Un aiuto ogni tanto ci sta, ma non un supporto sistematico, come invece spesso accade. Si creano inevitabilmente tensioni che non fanno bene al rapporto.
Cosa dovrebbero fare allora una mamma e un papà quando il figlio torna a casa con una montagna di compiti che non riesce a fare?
Consentire al ragazzo di andare a scuola con le lezioni non completamente svolte. Solo così l'insegnante può recepire il messaggio che lo scopo dei compiti non è quello di integrare quello che non è stato spiegato in classe. E' necessario però che tutti i genitori siano d'accordo, che sia cioè un'azione condivisa. E purtroppo la coesione tra le famiglie, in un'epoca di grande individualismo, non è facile da raggiungere.
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