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A cura di Laura d'Orsi, giornalista.

Si sono ormai spenti i riflettori sulla vicenda delle due ragazze italiane rapite in Siria, Greta e Vanessa. Sulla loro esperienza è stato detto di tutto, tante "verità" spesso contrapposte tra loro. Ma è mancata forse una riflessione più ampia sul ruolo del volontariato nella nostra società, su cosa rappresenta per i singoli e per la collettività e come intraprendere questa scelta perché diventi una risorsa per tutti.

Dottoressa Scalari, cosa rappresenta oggi il volontariato?

Può diventare la risposta alla crisi che stiamo attraversando, dove le diseguaglianze, la paura del diverso, l'individualismo si stanno sempre più affermando. Quando la difficoltà incontra la vicinanza, la solidarietà, allora si formano nuove connessioni, si intrecciano storie, si abbattono timori e si mette in moto un circolo virtuoso che tiene lontana la deriva. Sì il volontariato è la chiave del cambiamento perché accende la speranza.

Nel volontariato il dare e l'avere vanno in un'unica direzione?

Certamente no. E' innegabile che chi offre il proprio aiuto ne riceve in cambio una grande gratificazione. Direi che il volontariato è il luogo in cui ognuno dà e prende ciò di cui ha bisogno in quel momento. Il vantaggio è e deve essere sempre reciproco.

Perché sia davvero utile, come bisogna approcciarsi alla scelta di fare volontariato?

A mio avviso, ci sono due strade possibili. O si segue una via istituzionale, tutelata cioè da grandi associazioni riconosciute che operano sia in Italia che all'estero (come Emergency, Telefono Azzurro, ecc.). O ci si fa affiancare dalle realtà meno visibili ma comunque esistenti e presenti sul territorio (come certi gruppi parrocchiali o piccole associazioni cittadine) che, pur lavorando privatamente e in silenzio, mettono in contatto chi ha bisogno con chi offre la propria disponibilità. Anche questa modalità più "soft" assicura una certa tutela sia a chi fa volontariato che a chi lo riceve. Insomma, una forma di organizzazione alle spalle è sempre consigliabile, per non trovarsi poi in situazioni spiacevoli. Soprattutto quando si parte per l'estero.

Quando è il momento migliore per iniziare a fare volontariato?

A qualsiasi età. Se i piccoli crescono con l'esempio dei genitori che trovano il tempo per aiutare gli altri, cresceranno con una particolare sensibilità e attenzione verso i più deboli. Talvolta bastano gesti semplici, come offrirsi di accompagnare a scuola i bambini della vicina straniera, o accoglierli in casa propria per farli giocare. Ai propri figli si potrà chiedere, per cominciare, di portare la borsa della spesa alla nonna, di andarla a trovare più spesso... Il volontariato è l'educazione di una vita, so coltivato fin da subita diventa un modo di essere. Vuol dire sentirsi impegnati, non chiamarsi mai fuori, e provare piacere per questo. Un momento che ritengo importante è quello del pensionamento. Per una persona che smette di lavorare, fare qualcosa per gli altri diventa un modo per restituire alla collettività quello che ha ricevuto. E vuol dire anche rimettere in campo le proprie competenze, rendendosi e sentendosi di nuovo utile.

Spesso ci si sente consigliare, nei momenti difficili della propria vita, di dedicarsi ai problemi degli altri per non pensare ai propri. Può funzionare?

Sì, ma non perché ci si scorda delle proprie difficoltà. In realtà la propria sofferenza avvicina a quella degli altri e nella comunanza si può trovare la risposta per superarla. Si impara a relativizzare ma anche a condividere il dolore. E ci si scopre più forti, perché la chiave non è mai l'isolamento, il pensare per sé e basta.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.