Un figlio in tempo di crisi. Una opportunità per "reinventare la vita"
Intervista alla psicoterapeuta Paola Scalari
La "rappresentazione" della parola ha subito una modifica epocale a partire dalla diffusione della contraccezione e dalla legge sulla interruzione volontaria di gravidanza: oggi un figlio è quasi sempre scelto. Nella società attuale però la famiglia cambia e con essa l'educazione dei figli, ma ciò che resta fondamentale è il rispetto tra genitori, anche da separati, e tra adulti che fanno parte della stessa comunità familiare o educativa.
Chi si cura del far gruppo tra gli aduli nelle nostre società sportive? Non si può dare per scontato che gli adulti sappiano già far gruppo solo perché adulti, anche perché ogni nuova esperienza chiede di misurarsi da capo con il far gruppo. In fondo, ogni gruppo è una storia a parte. Come dire che gruppo si è chiamati a nascere ogni giorno, affrontando ostacoli e incomprensioni, ma soprattutto raccordando idee, passioni e competenze.
Per i ragazzi il vedere adulti che danno vita a un'associazione organizzata, democratica e capace di apprendere dagli errori, è intravvedere anche per loro la possibilità di fare gruppo. Ma, di nuovo, cosa vuol dire animare un gruppo di adulti o a far interagire tra di loro diversi mondi adulti?
Gli adulti che accompagnano la crescita atletica dei ragazzi costituiscono un cerchio attorno a ogni atleta e, tutti assieme, racchiudono con amorevolezza e dedizione ogni squadra. Questa circonferenza è costruita attraverso i legami che connettono educatori, allenatori e genitori in funzione di un obiettivo comune.
Scalari: vorrei esplorare la tua esperienza scolastica dal punto di vista professionale. Cosa ti viene in mente?
Fare scuola, essere un maestro, vivere con i bambini ha dato un senso alla mia esperienza lavorativa. Nella mia lunga carriera le storie legate alla mia professione sono davvero tante.
Sono quelle di una esistenza intensamente vissuta e di un'esperienza sempre in evoluzione.
Ora i ricordi fanno affiorare stati d'animo un po' annebbiati dal trascorrere del tempo, calmati dall'età che avanza, resi indolori dalla morte che preannuncia il suo arrivo.
Tuttora però se penso ai miei scolari mi commuovo.
Scalari: raccontaci le tue esperienza come maestro
La memoria mi porta lontano nel tempo. Siamo negli anni '50.
Un'aula fredda e umida. Anzi era solo una stanza adiacente ad una stalla. La stufa a legna arde scoppiettando e produce tanto fumo e poco calore. La legna arriva con gli alunni. Ognuno con un ceppo in mano. Allora c'erano tanto freddo e tanta miseria nel polesine, ma la scuola cominciava a diventare un'opportunità per i bambini. Quasi tutti i genitori li facevano frequentare.
Era già una grande novità nell'Italia del dopoguerra ancora analfabeta.
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intervista di Paola Scalari al Maestro Francesco Berto
Scalari: Francesco, il tuo essere stata un alunno in che modo ha contribuito al tuo divenire un maestro?
Sono stato sia un alunno bravo che un alunno ritenuto incapace. Quindi ho vissuto sulla mia pelle sia la fatica del Lodevolissimo che l'angoscia del Sei un allievo senza nessuna competenza.
E ho capito che entrambe queste posizioni fanno stare male.
Così la mia scuola è una scuola senza giudizi. Ognuno dà per quel che è capace e tutto ciò che viene prodotto ha un suo valore.
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Gli adulti che si occupano della crescita di ragazzi e ragazze, sia all'interno di associazioni sportive sia durante le attività ginniche e ludiche, vorrebbero che essi facessero squadra, cooperassero, sapessero rispettare i compagni. Desiderano cioè creare un collettivo coeso e disciplinato.
Questo però è un sogno che si realizza se tra famiglie, società e tecnici si crea un clima di collaborazione all'insegna del rispetto dei ruoli, delle funzioni e delle posizioni.
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