"Ma ti piace davvero studiare?"
Mattia annuì.
"E perché?"
"E' l'unica cosa che so fare" disse lui piano. Avrebbe voluto dirle che studiare gli piaceva perché puoi farlo da solo, perché tutte le cose che studi sono già morte, fredde e masticate. Avrebbe voluto dirle che le pagine dei libri di scuola hanno tutte la stessa temperatura..." (Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi, Mondatori, 2008 pag.91)
Il piccolo Tommi ha iniziato da pochi giorni la scuola elementare. Prova quindi il primo grembiule bianco, si issa il primo zainetto pesante, vive il primo appello in classe, incontra il primo compagno di banco e gli viene assegnato il primo esercizio da eseguire a casa.
Confrontarsi con gli educatori è sempre arricchente perché obbliga il formatore a decentrarsi e a guardare il mondo da punti di vista diversi. Qualche volta si incontrano degli operatori dallo sguardo rassegnato e qualche altra volta ingenuamente entusiasta; alle volte si intercetta un pensiero rigido e altre volte rigoroso; sempre però si smuove un indagare attento e curioso.
Ogni educatore racconta di sé mentre narra delle sue esperienze al lavoro poiché ciascuno, discutendo della sua relazione con i ragazzi, rievoca anche se stesso. La parte affascinante e gratificante del lavoro di formazione consiste allora nel conoscere tanti esseri umani con i loro dubbi e le loro domande, le loro convinzioni e le loro opinioni.
Il formarsi del desiderio dentro le nuove generazioni si trova nel dialogo quotidiano intorno al significato delle esperienze che si vivono. Come ricerca dentro le cose, mai fuori dalle cose.
Più che in una passione improvvisa, il desiderio prende forma nel rileggere e dare significato alle scelte personali, alle trappole e gli inganni, ma anche e soprattutto agli slanci generosi e alle scoperte creative. Man mano che, per dirla con Paulo Freire, si prende coscienza di sé dentro una presa di coscienza del mondo. Come pensare il dialogo tra adulti e giovani come quotidiano dialogo su «questa» vita?
"Non possiamo crearci da soli: noi riceviamo la lingua, il nome e l'origine. Il piacere di pensare insieme lega senza effetti distruttivi o colpevolizzanti invidia e gratitudine, esperienza dell'illusione e messa alla prova della realtà ... mobilita il desiderio di risolvere con l'altro gli enigmi principali che ci rendono simile a lui."
Renè Kaes, La parola e il legame.
Gli adolescenti vengono facilmente descritti dagli adulti - e soprattutto dai media - con aggettivi che ne sottolineano più i lati negativi che quelli positivi. Li si indica come bulli capaci di angherie, delinquenti colpevoli di efferati delitti, tossicodipendenti da mix di sostanze, apatici fannulloni, bamboccioni protetti dalla famiglia, parassiti sociali, ecc. Ragazzi distrutti e distruttivi che non sopportano lo spazio tra il desiderio e l'azione. Giovani diseducati che, incapaci di collocarsi tra passato, presente e futuro, sanno godere solamente dell'attimo fuggente. Adolescenti alle prese con un mondo dove si è confusa la felicità con l'appagamento delle istanze istintuali. Studenti che non hanno acquisito una cultura in grado di promuovere l'esercizio del simbolico che sa addomesticare la forza pulsionale.
Leggi tutto: Il gruppo interno come area di conflitto nella psicoterapia individuale
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