Scalari: raccontaci le tue esperienza come maestro
La memoria mi porta lontano nel tempo. Siamo negli anni '50.
Un'aula fredda e umida. Anzi era solo una stanza adiacente ad una stalla. La stufa a legna arde scoppiettando e produce tanto fumo e poco calore. La legna arriva con gli alunni. Ognuno con un ceppo in mano. Allora c'erano tanto freddo e tanta miseria nel polesine, ma la scuola cominciava a diventare un'opportunità per i bambini. Quasi tutti i genitori li facevano frequentare.
Era già una grande novità nell'Italia del dopoguerra ancora analfabeta.
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intervista di Paola Scalari al Maestro Francesco Berto
Scalari: Francesco, il tuo essere stata un alunno in che modo ha contribuito al tuo divenire un maestro?
Sono stato sia un alunno bravo che un alunno ritenuto incapace. Quindi ho vissuto sulla mia pelle sia la fatica del Lodevolissimo che l'angoscia del Sei un allievo senza nessuna competenza.
E ho capito che entrambe queste posizioni fanno stare male.
Così la mia scuola è una scuola senza giudizi. Ognuno dà per quel che è capace e tutto ciò che viene prodotto ha un suo valore.
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Gli adulti che si occupano della crescita di ragazzi e ragazze, sia all'interno di associazioni sportive sia durante le attività ginniche e ludiche, vorrebbero che essi facessero squadra, cooperassero, sapessero rispettare i compagni. Desiderano cioè creare un collettivo coeso e disciplinato.
Questo però è un sogno che si realizza se tra famiglie, società e tecnici si crea un clima di collaborazione all'insegna del rispetto dei ruoli, delle funzioni e delle posizioni.
Come intervenire in mondi familiari fragili
In Italia -più che altrove- la disuguaglianza è trasmessa per via intergenerazionale. Questa catena che lega in modo problematico genitori e figli si può interrompere investendo in politiche educative a sostegno dei nuclei più fragili.
Le esperienze pomeridiane alle quali è dedicata l'inchiestanelle quali i ragazzi sono aiutati in gruppo a crescere e le loro famiglie ad acquisire fiducia e competenze - sono un dispositivo cruciale in questa direzione. L'articolo intende argomentare perché il codice educativo sia il cuore di ogni intervento di tutela e sostegno dei minori e delle loro famiglie.
Fare psicoterapia è il mio lavoro principale. È quindi l'attività professionale che, con continuità, porto avanti da metà degli anni '70. Tuttavia, ascoltando i pazienti nel lettino, ho sempre pensato che fosse importante aiutare i bambini a crescere, maturare ed evolvere.
Intervento pubblicato nel Libro
di Paola Scalari
Operare nell'ambito dell'affido e della solidarietà familiare significa tenere a mente più contesti e questo comporta avere una conoscenza della dinamica intergruppale e intragruppale. Proprio per questo ogni professionista che si occupa delle famiglie affidatarie avverte l'utilità di poter sviluppare la conoscenza delle vicissitudini emotive che attraversano sia il processo collettivo sia le strutture vincolari che collegano più gruppi. La supervisione-formazione è quindi fondamentale che avvenga in un gruppo coordinato da un esperto che sappia integrare il sapere sull'affido familiare, quale espressione di una genitorialità sociale, con il sapere sulle dinamiche dei gruppi, quale conoscenza dei meccanismi interpersonali.
Nel Servizio Politiche Cittadine per l’Infanzia e l’Adolescenza della città di Venezia - nel febbraio 2007 - si dà avvio al gruppo di ricerca sull’affido familiare di minori provenienti o da genitori trascuranti o da genitori stranieri non espatriati. Il mandato che mi viene assegnato è quello di far emergere i contenuti di pensiero messi in moto dalla realizzazione di due progetti. Uno, finanziato dalla Regione, per l’affido familiare. L’altro, finanziato invece dal Ministero, per l’accoglienza presso famiglie di connazionali dei minori stranieri che arrivano in città senza genitori. Si pensa di poter osservare quanto affiora durante la realizzazione dei programmi di lavoro messi in atto non solo per promuovere delle innovative azioni, ma anche per far nascere delle inedite idee sulla solidarietà interculturale, sullo sviluppo delle prassi che rendono efficace un affido familiare e sugli stili educativi che lo sostengono. Con la ricerca sull’affido si vogliono allora integrare tutte le azioni messe in campo attraverso i due nuovi progetti e si spera anche di garantire l’approfondimento del fenomeno dell’accoglienza di un bambino o di un ragazzo nella casa di una famiglia a lui estranea.
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