IL GRUPPO E UNA ZATTERA NELLA BURRASCA:
QUALE ADULTO PUÒ TRARRE TUTII IN SALVO?
Comprendere quando gesti e parole dei preadolescenti sono cattiverie senza cattiveria
Paola Scalari
Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole. (Fabrizio De André)
REPRIMERE GENERA SOLO ULTERIORI PENSIERI CATTIVI,
MA ASSOLVERE CON NONCURANZA ABBANDONA AI MOSTRI INTERIORI.
Lo sport può andare controvento per vivere un'esperienza diversa da quella dove è nata la propria sofferenza.
Paola Scalari
Alcuni ragazzi e ragazze arrivano allo sport, spesso in modo silenzioso, carichi di una sofferenza anche pesante, che ha preso forme nell'età infantile in famiglia o a scuola o nel tempo libero delle amicizie. Storie di solitudine relazionale, ansia da prestazione e successo, rifiuto di se stessi, scatenata aggressività. Se non è attenti tale sofferenza, quando questa irrompe nello sport può aggravarsi in modo drammatico fino a bloccare ogni interesse per lo sport, ogni apertura al fare squadra con conseguente aumento dell'aggressività, ma anche ogni disponibilità a pensare, immaginare, desiderare. Allo sport queste situazioni chiedono di inventarsi come "esperienza alternativa", in modo che i ragazzi e ragazze possano trovare le forze per andare controvento rispetto alloro vissuto di sofferenza.
I bambini fanno domande poiché non possono rinunciare a comprendere la realtà che li circonda e la realtà che li abita interiormente. Si vedono esclusi dal sapere e desiderano entrare nel caos del mondo, a se stessi e agli altri per dar loro un ordine, conoscere e conoscersi.
È dunque il sentimento di estromissione che muove - in modo naturale - il bisogno di poter dominare l'ignoto attraverso l'anelito verso la conoscenza.
DIETRO RAGAZZI CATTIVI
CI SONO CATTIVI EDUCATORI
Allenatori e dirigenti che si misurano con la paura che rende violenti i ragazzi
Paola Scalari
Tu sei l'arco che lancia i figli verso il domani. (Khalil Gibran)
I ragazzi più si sentono soli, senza guida, senza regole, senza stop più sentono crescere dentro di loro l'impossibilità di contenere i sentimenti negativi. In realtà, più o meno consapevolmente, essi cercano chi svolga questa funzione di contenimento e, spesso, "provocano" proprio affinché chi è adulto dica: "Adesso basta!" .
Per essere di aiuto quel confine, però, deve essere posto senza furia, senza mortificazioni, senza brutalità, poiché deve rappresentare l'interesse amorevole verso i ragazzi. Ma bisogna intervenire prima che il tiro sia così alto che quanti comunicano con i ragazzi - a scuola, in famiglia, nello sport ... - perdano la testa e alla violenza rispondano con violenza.
Con passo risoluto il padre di Lorenzo, uomo calvo e possente, si allontana dalla piccola e disadorna sala dove l'allenatore del figlio lo ha convocato. l'uomo sbatte con un colpo secco la porta della palestra e, salito in auto, parte facendo stridere sull'asfalto traslucido le ruote della sua "Giulietta': In macchina rievoca la scena appena accaduta.
La Rivalità è un sentimento delicato e con Delicatezza va usato dagli adulti
La competizione nello sport è forza creativa se non degrada in violenza verso di sé e gli altri
Paola Scalari
Lacerazioni di affetti, amicizie che si rompono, rapporti che si spezzano, solitudini interiori che nessuno riesce a capire ...
Ci vogliono occhi nuovi per vedere queste cose. (don Tonino Bello)
I ragazzi, esposti a competizioni troppo impegnative per la loro età, rischiano di perdere il senso di realtà.
Nello sport la sfida è con se stessi, con i limiti del proprio corpo e con il piacere di portarlo al suo potenziale massimo. Il metterlo poi in competizione con quello degli altri ha senso solo stando dentro alle regole. Il rispetto delle norme permette, infatti, di salire sul podio sentendosi davvero speciali. Tutti gli altri modi per emergere sono solo apparenza.
«Vorrei che mia madre mi volesse di nuovo a casa con lei perché altrimenti non saprà mai cosa vuoi dire avere un figlio.» (da La voce dei bambini, in Berto F., /I bambino in pezzi, la meridiana, Molfetta 2014)
«Non si tratta di capire tutto, ma di intendersi all'ascolto di una polifonia alla quale prendiamo parte. Come in una corale.»
(René Kaes, La parole e il legame. Processi associativi nei gruppi, Boria, Roma 1996)
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